Negativity bias: le opportunità per i professionisti del marketing

Negativity bias: le opportunità per i professionisti del marketing

Il negativity bias è un errore cognitivo che porta le persone a reagire con maggior impatto a eventi negativi rispetto a quelli positivi. Si può utilizzare nella comunicazione aziendale?

Per un politico, basta un singolo evento negativo, in mezzo a una carriera onesta, per rovinare i risultati alle prossime votazioni. I giornali sembrano dare solo brutte notizie e ogni volta che un’azienda immette nel mercato un prodotto con un difetto la sua intera affidabilità è minacciata, anche se l’episodio è singolo e isolato. Servono solitamente molti sforzi per riprendersi.

Le nostre giornate sono una fucina di esempi del bias della negatività, al quale cediamo inconsciamente e in continuazione. Qual è la sua definizione scientifica?

Cos’è il negativity bias?

Il negativity bias è un errore cognitivo e una caratteristica delle persone che fa aumentare i livelli di attenzione nei confronti di avvenimenti negativi rispetto a quelli positivi. Questo effetto ha conseguenze sui comportamenti e sulla memorizzazione.

Il bias non è una scoperta recente. Ad esempio, si possono trovare articoli scientifici che già più di 40 anni fa dimostravano che le persone passavo più tempo a osservare una foto negativa rispetto a una considerata positiva, ovvero erano attirate maggiormente. Positivo o negativo, come il bello e il brutto, dipendono chiaramente dalla nostra sensibilità, anche se esistono degli episodi che sono genericamente e culturalmente considerati dell’una o dell’altra tipologia.

Uno studio molto citato è quello degli psicologi Rozin e Royzman nel quale il bias è definito come basato su “predisposizioni innate ed esperienze”.

Perché siamo attirati dal negativo?

Molti sanno che assistere a eventi di pericolo o ricevere una notizia di una tragedia ha un impatto molto forte sulla nostra memoria. Per questo motivo non si fa molta fatica a rispondere alla domanda "cosa stavi facendo quando hai saputo dell’attacco dell’11 settembre?" ma è assai complesso ricordare in quale giorno preciso abbiamo fatto la spesa tre settimane fa.

Perché accade questo? La risposta risiede nelle esigenze di adattamento e sopravvivenza della nostra specie, che ci ha resi più cauti nei confronti di ciò che procura danni, come cibi velenosi o altri individui pericolosi. Anche se oggi viviamo in un mondo che abbiamo trasformato per adattarsi alle nostre esigenze, abbiamo ancora in noi questa reazione agli eventi non positivi.

Esempi di negativity bias

Come si può sfruttare nella comunicazione e nel marketing questo potente effetto? Ci sono diversi modi di utilizzarlo che dipendono dalle varie situazioni.

Nel primo caso, se ci troviamo nella situazione dove un fatto negativo minaccia l’azienda, è necessario rafforzare immediatamente le caratteristiche positive dei suoi prodotti e servizi. La ricerca scientifica ha dimostrato che servono circa cinque volte notizie positive per bilanciare quelle negative. Si devono quindi offrire incentivi e ricordare tutti gli aspetti positivi, che potrebbero essere stati dimenticati. 

Nel secondo caso, quando è necessario far ricordare un messaggio ai clienti, lo si può costruire partendo da un fatto negativo, meglio se vissuto nella realtà, e ponendo successivamente la soluzione positiva. Questo meccanismo è lo stesso alla base dello storytelling scientifico. Ad esempio, si può affermare: "ripensa a tutte le volte che ti è capitato X. Prova la soluzione Y." 

La tecnica può risultare dannosa se si punta eccessivamente su problemi e non vengono centrati gli obiettivi desiderati dai clienti (per questo occorre sempre svolgere un'analisi dei processi decisionali).

 

Il negativity bias è stato a lungo studiato e continua ad essere al centro della ricerca scientifica. Ai professionisti del marketing basta avere la consapevolezza di questo effetto, che può essere pericoloso se non gestito correttamente, oppure una grande opportunità per attirare l’attenzione dei consumatori e favorire la memorizzazione.

 

Riferimenti bibliografici:

Fiske, S. T. (1980). Attention and weight in person perception: The impact of negative and extreme behavior. Journal of personality and Social Psychology, 38(6), 889.

Ito, T. A., Larsen, J. T., Smith, N. K., & Cacioppo, J. T. (1998). Negative information weighs more heavily on the brain: the negativity bias in evaluative categorizations. Journal of personality and social psychology, 75(4), 887.

Rozin, P., & Royzman, E. B. (2001). Negativity bias, negativity dominance, and contagion. Personality and social psychology review, 5(4), 296-320.

Pubblicato il: 26/10/2021

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